Nei primi anni del '900 i fisici erano impegnati a stabilire quale fosse la natura della luce, in quanto molti esperimenti erano in contraddizione con la teoria. Attualmente si ammette che la luce ha un comportamento ondulatorio quando si propaga, mentre ha un comportamento corpuscolare quando colpisce un materiale. Infatti i fenomeni di diffrazione ed interferenza possono essere spiegati se si assume che la luce si propaga come onde di campi elettromagnetici, mentre, ad esempio, l'effetto fotoelettrico è interpretabile in base all'ipotesi che la luce è trasportata da corpuscoli detti fotoni.
Una prima formulazione della struttura atomica assimilava l'atomo ad un sistema planetario, in cui il nucleo era al centro e gli elettroni vi ruotavano intorno. Comunque la sola cosa certa di questo modello è la presenza del nucleo e degli elettroni, ma non c'è nessuna informazione sperimentale che possa far intuire l'esatta traiettoria degli elettroni. Perciò si rinuncia a predire quale possa essere la posizione dell'elettrone all'interno dell'atomo, e si fa riferimento alle grandezze che si conservano, quali l'energia totale che esso possiede.
A differenza dei corpi macroscopici, nei quali l'energia può assumere con continuità qualsiasi valore reale, l'elettrone, non può assumere con continuità tutte le possibili energie, ma la può variare solo a salti.
Ad ogni elettrone sono associati quattro numeri quantici, ognuno dei quali può assumere solo un numero finito di valori. Nel modello di Bohr l'energia totale di un elettrone è quantizzata e il numero intero che ne determina i possibili valori è detto numero quantico.
Esistono quattro numeri quantici associati alle proprietà dell'elettrone. Il numero quantico n è un numero intero i cui valori possono essere 1, 2, 3, ecc.., il numero quantico l (elle) è un intero compreso tra 0 e (n-1), il numero quantico m è un numero relativo compreso tra -l (-elle) e +l (+elle), infine lo spin può essere (+1/2) o (-1/2).
Le regole di formazione dei numeri quantici comportano che gli elettroni possono venir raggruppati solo in certe combinazioni. Tenendo presente il principio di esclusione di Pauli, secondo il quale in un atomo non vi possono essere due elettroni con gli stessi numeri quantici, consegue che ogni livello di energia può contenere solo un numero massimo di elettroni.
Si immagini di avere un nucleo sprovvisto di elettroni e si inizi ad avvicinare tutti gli elettroni necessari a bilanciare la carica positiva del nucleo, si dovrebbe osservare che gli elettroni occupano dapprima i livelli di energia più bassi, che sono i più legati al nucleo, ovvero la forza di attrazione è maggiore di quella agente sugli elettroni esterni; gli elettroni esterni, cioè, hanno la possibilità, per somministrazione di energia dall'ambiente, di passare ad un livello di energia superiore, in quanto li trovano tutti liberi.
Avvicinando due atomi uguali, gli elettroni esterni risentono della loro reciproca presenza e, potendo essere condivisi da entrambi gli atomi, per il principio di esclusione di Pauli, essi alterano leggermente il loro livello di energia. Ma questa vicinanza altera anche i livelli non occupati, producendo due livelli molto prossimi tra loro.
Continuando ad aumentare il numero di atomi che vengono avvicinati, fino a pensare di arrivare alla formazione di una vera e propria struttura cristallina, i livelli continuano a sdoppiarsi e, a causa dell'enorme quantità di atomi che sono coinvolti, i livelli coprono un intervallo continuo di possibili energie in cui gli elettroni possono trovarsi. Si parla di bande di energie e si distingue la banda di valenza, riempita dagli elettroni che partecipano al legame, e la banda di conduzione, costituita dai livelli che possono essere occupati dagli elettroni eccitati mediante energia fornita dall'esterno.
La quantità di energia che separa le due bande caratterizza i materiali in isolanti, conduttori e semiconduttori.
Gli isolanti posseggono una 'zona proibita' molto elevata, pertanto tutti gli elettroni sono legati ai loro atomi e risiedono nella banda di valenza, i conduttori invece sono caratterizzati dall'avere le due bande di energia completamente sovrapposte, per cui un elettrone può trovarsi indifferentemente legato o libero.
I semiconduttori hanno una zona proibita di ampiezza molto piccola, tale da consentire ad un elettrone di poterla saltare con una modesta quantità di energia. Fintantochè il cristallo si trova a basse temperature, tutti gli elettroni si trovano nella banda di valenza, cioè ognuno è condiviso dai suoi atomi adiacenti, ma all'aumentare della temperatura gli elettroni esterni acquistano energia e sono in grado di saltare ad un livello libero nella banda di conduzione; un tale livello però è libero per tutti gli altri atomi del cristallo e quindi l'elettrone non è più vincolato al suo atomo, ma può viaggiare all'interno del cristallo. Quando un elettrone lascia il suo atomo, la carica elettrica di quell'atomo non è più bilanciata, ma prevale quella positiva del nucleo, il livello lasciato libero è detto lacuna ed è associato alla presenza di una carica positiva nel nucleo, cioè non bilanciata da quella negativa dell'elettrone allontanatosi. Questa lacuna può essere riempita da un elettrone della banda di valenza di un atomo vicino, dando luogo ad un apparente movimento di lacune, cioè di cariche positive. All'interno del cristallo semiconduttore si stabilisce, pertanto, un movimento di cariche negative e di cariche positive, ma nel complesso la corrente è zero, perchè le quantità di cariche sono uguali e si muovono in direzioni opposte l'una all'altra.
La natura ondulatoria della luce è associata al colore della luce stessa; più precisamente la distanza tra due fronti d'onda successivi, detta lunghezza d'onda, determina il colore della luce. La lunghezza d'onda a sua volta è legata alla velocità e alla frequenza dei fronti d'onda. Secondo il modello corpuscolare una sorgente luminosa monocromatica, ovvero emettente una luce composta da una sola lunghezza d'onda, si propaga mediante fotoni, ognuno dei quali trasporta una quantità di energia E = h·ν , dove h è la costante di Planck e ν è la frequenza della luce. Un fotone che colpisce un atomo può cedere la sua energia all'elettrone dell'orbita più esterna. Vale a dire che se l'elettrone si trova ad un livello energetico Ei e il livello immediatamente successivo a cui può giungere è Ef, il fotone sarà in grado di trasferire la sua energia all'elettrone solo se trasporta la quantità di energia necessaria a fargli compiere il salto energetico. Ovvero il raggio di luce incidente deve avere frequenza ν tale che Ef - Ei < h·Enu;.
Qualunque sia la forma di energia mediante cui l'elettrone viene portato al livello superiore, quando esso ritornerà nel suo stato di riposo emetterà un fotone di frequenza ν = (Ef - Ei)/h. L'interpretazione di questo fenomeno tramite l'introduzione dell'ipotesi dell'esistenza del fotone s'è resa necessaria perchè l'ipotesi ondulatoria è in contraddizione con l'osservazione sperimentale. Infatti se un atomo viene colpito da una radiazione luminosa composta da fronti d'onda che trasportano una certa quantità di energia al secondo, ci si dovrebbe aspettare che dopo un certo tempo l'elettrone abbia acquistato la quantità di energia sufficiente a portarsi in un livello di energia superiore, ma questo fatto non si è osservato.
Il modello a bande di energie consente di interpretare il comportamento della resistenza di un materiale al variare della temperatura: In un conduttore le due bande sono sovrapposte, e un aumento di temperatura provoca un maggior affollamento della banda di conduzione, gli elettroni eccitati incontrano più difficoltà nel trovare livelli liberi nella banda di conduzione degli atomi adiacenti, e si nota quindi che all'aumentare della temperatura la resistenza del materiale aumenta. Nei semiconduttori, invece, alle basse temperature la banda di conduzione è completamente vuota, e il materiale è un isolante (possiede resistenza infinita) perchè tutti gli elettroni sono legati ai loro atomi; all'aumentare della temperatura, alcuni elettroni saltano nella banda di conduzione e contribuiscono alla conducibilità del materiale, perciò la resistenza del semiconduttore diminuisce all'aumentare della temperatura.
Poichè la luce porta energia, i semiconduttori variano la loro resistenza anche se colpiti da luce. È necessario però che la luce che colpisce la superficie del semiconduttore abbia una lunghezza d'onda sufficiente a consentire ad un elettrone di saltare la zona proibita. Così come l'occhio è sensibile ad un certo spettro di radiazione, così i semiconduttori sono sensibili solo alla luce compresa in un certo intervallo di lunghezze d'onda. Fissata quindi la lungheza d'onda di un raggio di luce incidente su un semiconduttore, la corrente che il materiale è in grado di trasportare, cioè il numero di elettroni liberi nel cristallo, dipende dal numero di fotoni per unità di tempo che colpiscono la superficie del semiconduttore. Quest'ultima quantità misurabile in Watt/m2 è definita flusso radiante. Viceversa l'intensità di un raggio di luce è associata alla teoria ondulatoria della luce.
La relazione che lega l'intensità della luce con la resistenza non è lineare, e la taratura del condizionatore di segnale deve essere fatta con sorgenti di luce campione.
Le possibili applicazioni di un simile trasduttore potrebbero aversi in campo fotografico, quando si vuole calcolare il tempo di otturazione, o più semplicemente lo si può impiegare come rivelatore del passaggio di un oggetto davanti ad un raggio di luce.
Il circuito sperimentale proposto per un possibile impiego del trasduttore trova applicazione nei rivelatori crepuscolari, circuiti che provvedono ad accendere automaticamente una lampada al tramonto del sole.
La fotoresistenza è alimentata tramite un generatore di tensione, con una opportuna resistenza in serie per limitare la corrente che la attraversa entro valori non distruttivi. Infatti se la fotoresistenza non venisse protetta, quando essa viene colpita da una luce molto forte può assumere valori di pochi Ohm, e la corrente che la attraverserebbe potrebbe surriscaldarla. Il ramo costituito dalle resistenza da 3.3K, LDR (Light Dependent Resistance) e da 1K è un partitore di tensione che presenta una d.d.p. tra il morsetto superiore dell'LDR e massa che decresce, in modo non lineare, all'aumentare dell'intensità luminosa. Le altre due resistenze da 10K formano un partitore di tensione regolabile sperimentalmente. L'amplificatore differenziale, per il suo coefficiente di amplificazione elevatissimo, rivelerebbe variazioni di intensità luminosa molto piccole, addirittura impercettibili dall'occhio. La sua configurazione, in questo caso assume la funzione di comparatore analogico.
Si assuma per l'amplificatore differenziale un coefficiente di amplificazione pari a 1000, se si applicasse un potenziale di 3V al morsetto positivo, e un potenziale di 2V al morsetto negativo, ci si aspetterebbe di misurare un potenziale di uscita:
Ciò non avviene perchè l'amplificatore differenziale non è una macchina elettrica, ma funziona grazie all'energia fornita dal generatore di tensione, per cui la d.d.p. di uscita non può superare la tensione di alimentazione pari a 5V, di conseguenza, ai morsetti di ingresso si può avere una d.d.p. massima:
Superato questo limite l'uscita dell'amplificatore differenziale raggiunge la saturazione, e si mantiene al valore costante di 5V. Analogamente, se il potenziale al morsetto negativo è maggiore del potenziale al morsetto positivo, il valore della tensione di saturazione di uscita è -5V.
La curva caratteristica dell'amplificatore differenziale illustra il comportamento del dispositivo: nell'intervallo da -5 mV a +5 mV la risposta è lineare e la pendenza della retta è determinata dal coefficiente di amplificazione, mentre all'esterno dell'intervallo la risposta diventa costante. Se si sceglie un amplificatore con coefficiente di amplificazione molto più alto, l'intervallo di linearità si riduce sempre di più, consentendo di considerarlo nullo. In queste condizioni se V+ < V-, l'uscita sarà -Vsat, mentre se V+ > V-, l'uscita sarà +Vsat. Se il potenziale applicato al morsetto positivo viene fissato ad un valore di riferimento, indicato con Vref, allora il dispositivo funziona da comparatore:
Ovvero la misura dell'uscita consente di conoscere la relazione d'ordine tra i potenziali di ingresso.
La taratura del dispositivo consiste nel fissare il potenziale di riferimento, regolando il potenziomentro applicato sul morsetto positivo, in modo che l'uscita commuti in corrispondenza di un'intensità luminosa campione inviata sulla superficie dell'LDR.
Se l'intensità luminosa è maggiore di quella usata per la taratura, l'LDR assumerà valori piccolissimi e il potenziale al morsetto negativo sarà inferiore a Vref, per cui Vu sarà uguale a Vsat (=5V). Il LED si trova alimentato da una differenza di potenziale nulla e non conduce. Quando l'intensità luminosa è inferiore a quella usata per la taratura, la fotoresistenza assumerà valori elevati, e il potenziale del morsetto negativo sarà superiore a Vref, per cui Vu sarà uguale a -Vsat (=0V). Questa volta il potenziale sul catodo del LED è maggiore del potenziale sull'anodo, e il diodo conduce.
Il LED, Light Emetting Diode, è un dispositivo a semiconduttore che possiede la proprietà di farsi attraversare in un solo verso dalla corrente, ed è costituito da un materiale che per effetto fotoelettrico emette una luce ii un certo intervallo di lunghezze d'onda.
Il circuito proposto non è in grado di pilotare una comune lampada elettrica; sarebbe necessario usare un attuatore, un dispositvo in grado di rispondere ad un comando a bassa potenza per svolgere un lavoro in cui è richiesta una più alta potenza. Per questo scopo si usa il triac.